La pesca intensiva e i cambiamenti climatici stanno spopolando mari e oceani del pianeta. Un autentico cataclisma ecologico, che in futuro potrebbe rendere i pesci una rarità sulle nostre tavole e portare molte specie sull’orlo dell’estinzione. Secondo la Fao, nel 1996 la quantità di pescato ha raggiunto gli 86 milioni di tonnellate a livello globale, per poi (unica nota positiva) rimanere tutto sommato stabile negli anni seguenti, a dimostrare che gli stock ittici mondiali riescono se non altro a sopportare la quantità di pesca che pratichiamo. Purtroppo, i calcoli della Fao sembrerebbero drammaticamente sbagliati. A suggerirlo, uno studio pubblicato su Nature Communications.
I nuovi calcoli arrivano dal progetto Sea Around Us, un’iniziativa guidata dalla University of British Columbia che ha cercato di integrare le quote di pescato riportate ufficialmente dalle nazione del pianeta, con quelle che sfuggono tra le maglie del sistema di monitoraggio: pesca artigianale, pesca di sussistenza (il cui peso si fa notare principalmente nei paesi in via di sviluppo), e pesca illegale. A questi numeri, i ricercatori hanno aggiunto anche quelli relativi a pesci e altri animali marini che vengono catturati erroneamente nelle battute di pesca (in inglese bycatch), e liberati poi in mare, una larga parte dei quali muore a causa dei traumi subiti.
Il risultato dell’analisi parla di un pescato annuale che raggiunge circa 109 milioni di tonnellate di pesci, all’incirca il 30% in più di quanto riportato dalle stime ufficiali. “Si tratta di uno studio rivoluzionario, che conferma che stiamo prelevando dagli oceani molto più pesce di quello che indicano i dati ufficiali”, sottolinea Joshua S. Reichert, direttore del settore ambiente del The Pew Charitable Trusts, una delle Ong che hanno finanziato il progetto. “Non si può più accettare l’idea di segnare con uno 0 nei dati ufficiali la pesca artigianale, di sussistenza, o bycatch”.
Anche i nuovi calcoli evidenziano un picco del pescato a metà degli anni ’90, seguito però in un rapido declino del numero di pesci pescati. Un segnale che indica come gli stock ittici stiano diventando meno produttivi, a causa della pesca eccessiva degli ultimi decenni.
“È come gli stock ittici fossero un conto in banca, e il mondo stesse prelevando senza sapere quanto è stato preso e qual è il saldo”, spiega Daniel Pauly, coordinatore del progetto Sea Around Us. “Una stima più precisa della quantità che stiamo prelevando può aiutare a garantire che rimangano abbastanza pesci da rendere la pesca sostenibile anche in futuro”.
Fonte: Wired