È così, i pescatori vanno salvati e UNCI ed UNCI Agroalimentare, come sempre, si pongono dalla loro parte.
I pescatori italiani sembrano essere condannati a morte: una morte annunciata da tempo e che, a furia di Raccomandazioni e Regolamenti, si fa sempre più concreta.
Le recenti cronache mondane ci raccontano di manifestazioni, manifestanti e manifesti; sul palcoscenico di alcune banchine e spiagge italiane è andata in scena l’enfatizzazione della “pesca”.
Quale Pesca ci siamo chiesti in questi giorni: la nettarina? La tabacchiera?
Quella professionale/commerciale che vede i pescatori ormai soccombenti sotto fiumi di parole?
Quella professionale/commerciale che in nome di una sostenibilità ecologica sempre più predominante, sacrifica quella economica e sociale degli addetti?
La pesca, come attività professionale e commerciale, va gestita e normata; tocca all’Europa, ai governi nazionali e anche alle associazioni di categoria che, nello sforzo di tutelare i pescatori, cercano di partecipare attivamente all’individuazione di linee strategiche da suggerire ai tavoli istituzionali.
La politica Gestionale della Ue è stringente e opprimente per il Mediterraneo, e i vari regolamenti si traducono sempre più in cronistoria di una morte annunciata. Commissione, Parlamento e Consiglio danno vita a discussioni sugli stock ittici e sull’attività di pesca commerciale nel Mediterraneo che, ad oggi, non sembrano approdare a una gestione razionale capace di permettere la sopravvivenza del comparto.
Nel sistema del trilogo, insomma, qualcosa non sembra funzionare bene!
Il Parlamento propone Piani di gestione pluriennali che rappresentano il “target in termini di rendimento massimo sostenibile” e indica le modalità di raggiungimento degli obiettivi; il Consiglio partecipa e interviene adottando misure tecniche di gestione (modi, tempi e luoghi) e imponendo i principi della cosiddetta “crescita blu” nell’ottica di rivitalizzare gli stock depauperati e garantire la sostenibilità ambientale e socioeconomica della pesca.
I Commissari europei, esasperando i principi di una sostenibilità ambientale che è divenuto perno assoluto di tutte le politiche di gestione, trasmettono alla CGPM richieste che si trasformano in raccomandazioni urgenti che, bypassano il tradizionale iter di confronto politico sia in “Parlamento Europeo” che in “Consiglio Europeo”, divengono regolamenti che uccidono letteralmente la pesca nel Mediterraneo.
I sette paesi membri che sul Mediterraneo si affacciano e che basano sulla pesca una grossa fetta della propria economia, sembrano essere gli assenti ingiustificati del confronto che dovrebbe porsi alla base di ogni negoziato tra Consiglio e Parlamento europeo, ma che di fatto sono stati esautorati dalla proposta dei Commissari Pesca presentata in CGPM.
“Gli Stati Membri hanno il diritto/dovere di dare voce ai propri pescatori, di proporre in Europa norme di conservazione della risorsa e della protezione degli ecosistemi che assicurino sostenibilità ambientale ma anche economica”. Non possono essere chiamati in causa dai Commissari a giochi fatti e avere a che fare con una “coperta corta”.
L’approdo a queste norme non deve essere sterile imposizione di raccomandazioni da parte della CGPM e dei Commissari Europei.
Nell’ambito delle azioni del Trilogo, il ruolo preminente deve essere quello del pescatore che opera nell’ambito dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo e che vivono prevalentemente di economia ittica.
La gestione della pesca del Mediterraneo, non può e non deve essere risultato di nozioni astratte e puramente teoriche che poco hanno a che fare con le realtà costiere mediterranee la cui sopravvivenza economica si lega tradizionalmente alla pesca.
UNCI e UNCI Agroalimentare, da sempre da parte dei pescatori, non ci stanno ad affidare il destino di questi ultimi alle manifestazioni; è il momento di fare e fare significa agire in maniera tale da riuscire a intervenire su quelle dinamiche che determinano la formazione di norme e regole che sono in grado di determinare il destino di un intero comparto economico.
“Dobbiamo adoperarci affinché l’Europa non resti sorda rispetto alle legittime richieste di coloro che di pesca vivono e che sono i primi a rispettare e tutelare il mare. Il dialogo, il confronto politico, la discussione tra ‘pari’ è lo strumento che assicura oggettività e imparzialità: è questo l’obiettivo a cui bisogna tendere, tutti insieme”.
Così in unanota Gennaro Scognamiglio, presidente nazionale UNCI Agroalimentare.