È merito della Maremma se la Toscana dal 2016 potrà marchiare il pesce “doc” della sua costa: da Marina di Carrara a Capalbio. La Camera di Commercio di Grosseto ha capitanato la partita che si conclude con il battesimo di un marchio per il pescato toscano. Si chiamerà “Costa Toscana”. Sarà sul mercato da inizio anno. Verrà gestito dal Cesit-Centro di Sviluppo Ittico Toscano: così ha appena deciso la Regione.
Chi può entrare. Possono aderire al sistema di riconoscimento “Costa Toscana” gli operatori ittici che svolgono una (qualsiasi) delle fasi della pesca: dall’uscita in mare alla conservazione al trasporto di prodotti ittici. Per “essere dentro” bisogna rispettare i requisiti fissati dal Disciplinare di produzione.
Chi ha aderito. Il marchio coinvolge in prima battuta gli operatori ittici toscani che garantiscono il “giornaliero” e che hanno tutto l’interesse a che il loro prodotto recuperi valore sul mercato: «arriva dall’estero o è congelato il 75% del pesce» che salta nella nostra padella o che degustiamo al ristorantino sul mare, nota Roberto Manai di Cesit che diventerà l’ente titolare del marchio. Sono una ventina – ci dice Manai – i pescatori professionali che hanno già alzato la mano per dire “io ci sono”, cioè sono il 20% del cosmo maremmano della pesca (micro realtà escluse). Si tratta di alcune delle barche di Porto Ercole, di Marina di Grossetto, di Castiglione della Pescaia, di Scarlino.
Qui ristoratori. Il sistema della tracciabilità ancorata a un brend innesca però un sistema di aspettative che coinvolge una platea molto più amplia: come ha dimostrato un’indagine preliminare di Dintec, Consorzio per l’innovazione tecnologica, braccio operativo della Camera di Commercio nel percorso per arrivare al marchio. Interessa i player della Grande Distribuzione Organizzata per i banchi del fresco nei supermercati, ma anche il pescivendolo, il gastronomo, e – soprattutto – i ristoratori, che dichiarano (nell’indagine di Dintec) di essere “nati pronti” per l’iniziativa; e pensiamo quanto Grosseto e la Maremma sianoCenatown con il patrimonio di ristoranti e locali in cui si mangia ottimamente. E poi c’è il consumatore, e ciascuno di noi veste (anche) questi panni: abbiamo o no interesse a sapere quanto sano sia il pesce che diamo ai nostri figli, che acquistiamo, magari a peso d’oro, per la famiglia?
Come sarà. Vediamo quali requisiti dovrà avere un pescato per potersi forgiare del marchio “Costa Toscana”. In generale, la tracciabilità può avvenire sulla base di requisiti o di processo o di prodotto. Per il pescato toscano si è scelta la prima categoria. Requisiti di prodotto avrebbero richiesto analisi di laboratorio onerose e gli operatori sono interessati ma non intendono investire troppe risorse, né portarsi dietro aggravi onerosi di costi. Si testerà e quindi si garantirà, dunque, il processo, cioè una produzione che segue un certo disciplinare da quando il pescato sbarca sul molo a quando viene dato in mano al primo acquirente. Potranno essere “Costa Toscana” i prodotti ittici – pesci, crostacei, molluschi – che non siano stati sottoposti a processi di trasformazione – out il pesce congelato o eviscerato – catturati lungo i confini marittimi della Regione Toscana e entro venti miglia dalla costa. E – aspetto fondamentale – che non superino 24 ore dalla pesca. Altro dettaglio interessante per il consumatore: figurerà “la cala”, o meglio, i luogo del pescato. Rimane fuori il pesce lagunare perché l’acquacoltura è un’altra storia.
Risorse Ue. È di due giorni fa l’atto con cui la Regione Toscana assegna al Cesit il compito di registrare e gestire il marchio. A questa assegnazione è legato anche l’arrivo di fondi Ue, il 60% di circa 400.000 euro, spesa per l’acquisto di software per il cosiddetto Centro di rilevamento del prodotto tracciato, appunto, e per dare operatività al marchio.
Battesimo. “Costa Toscana” sarà operativo a inizio 2016, assicura Manai; entro il 31 dicembre dovrà essere scelto il miglior progetto grafico. Attendiamo.
Fonte Il Tirreno