La Brexit colpisce anche il mondo della pesca. Nel corso dell’ultima settimana sono stati quasi una ventina, i mezzi pesanti parcheggiati nei pressi di Downing Street, a Londra, in segno di protesta per le crescenti difficoltà nell’esportazione di pesce e prodotti ittici verso l’Unione europea a causa della Brexit. I mezzi sono stati successivamente spostati nei pressi di Westminster, per continuare la propria protesta, dopo essere stati identificati dalla polizia.
Diverse aziende scozzesi dal primo gennaio non sono state in grado di esportare i propri prodotti verso l’Europea a causa dei controlli introdotti sui certificati di pesca, controlli sanitari e documentazione doganale, che hanno prolungato a dismisura i tempi tecnici di trasporto e in alcuni casi hanno prodotto il rifiuto della merce all’arrivo.
“Il governo britannico ha sinora promesso compensazioni per le aziende ittiche colpite, affermando che tali questioni rappresentano problemi iniziali della Brexit, e saranno risolti col tempo”, riporta Agenzia Nova.
Sono i notevoli disagi dovuti ai nuovi ostacoli burocratici per le esportazioni verso l’Europa e gli altri paesi: moduli, permessi, burocrazia che prima non era necessaria, visto che il Regno Unito si trovava all’interno del mercato comune europeo. Lungo le coste della Scozia si pescano abbondanti quantità di scampi, capesante, ostriche, aragoste e cozze con le quali vengono riforniti anche i mercati europei. Sebbene il nuovo regime di mercato post Brexit permetta al Regno Unito e all’Unione Europea di continuare a scambiare merci senza l’imposizione di dazi né di limiti sulle quantità di beni commerciati, il nuovo processo burocratico necessita di un periodo di tempo per entrare a regime. D’altronde, le difficoltà potrebbero continuare anche nel breve-medio termine.
Le nuove regole stabiliscono infatti che prima di lasciare la Scozia ciascun contenitore di pesce o di crostacei debba essere scaricato dal camion che lo trasporta e ispezionato da medici veterinari, che devono rilasciare un certificato sanitario. Per ottenere questo certificato, che è necessario per fare richiesta dei documenti doganali, ci vogliono fino a cinque ore per camion: una procedura farraginosa che rallenta notevolmente il trasporto e che di conseguenza provoca grandi ritardi nella consegna delle merci.
Secondo il Guardian, la scorsa settimana un esportatore di prodotti ittici ha dovuto presentare oltre 400 pagine di documenti per far passare la sua merce alla dogana con un drastico balzo sia del tempo necessario per espletare le formalità che del denaro necessario rispetto ai tempi pre-pandemia sanitaria.
Inoltre, la British Ports Association ha puntato il dito sui ritardi, la carenza di personale addetto al controllo di igiene ambientale del Regno Unito e all’applicazione estremamente rigorosa delle nuove regole di importazione dell’UE. Gli operatori portuali hanno espresso frustrazione per la burocrazia inflitta alle imprese di esportazione di pesce del Regno Unito a seguito della Brexit. Una parte del personale di Newlyn in Cornovaglia, ha riferito che le aziende hanno difficoltà a portare il pescato sul mercato. La pesca è divenuta una delle tematiche fondamentali all’interno del dibattito britannico sulla Brexit.