La bussola. La nuova concezione UE dei pescherecci – In questo scorcio di fine anno si sono registrate diverse iniziative che, direttamente o indirettamente, hanno ruotato intorno al settore della pesca come ad esempio la Giornata mondiale della pesca indetta dalla FAO, il Piano del mare varato dal nostro governo nazionale e, soprattutto, il via libera europeo all’aggiornamento del regime di controllo della pesca e di prossima pubblicazione (al momento della stesura di questo approfondimento).
Ma già nei mesi precedenti si erano susseguite altre decisioni politiche di cui talune passate alla ribalta per via di varie manifestazioni di contestazione.
Insomma il 2023 che volge al termine si può affermare essere stato un anno abbastanza caldo in tema di pesca marittima.
Non ci si deve meravigliare di questo fermento tenuto conto che il prossimo anno ci sarà il rinnovo delle Istituzioni europee e l’attuale compagine politica che le compongono cerca evidentemente di completare la propria mission elettiva.
Per la cronaca, proprio il nuovo regime di controllo, che prossimamente sarà imposto su tutte le acque dell’Unione Europea, ha visto il voto contrario dell’Italia nel passaggio dell’approvazione da parte del Consiglio Europeo.
Già su questa rubrica ho avuto modo di esporre i princìpi a fondamento dell’azione europea in tema di controlli pesca e adesso si assiste ad una particolare attenzione sull’ultima fase dell’attività di pesca e cioè sullo sbarco che viene considerato un punto chiave, il tassello finale mancante.
Ma andiamo con ordine.
In questo nuovo regolamento l’Unione Europea afferma, in sintesi, che il successo dell’attuazione della politica comune della pesca dipende da un regime di controllo ed esecuzione efficace, efficiente, moderno e trasparente avvalendosi di tecnologie di controllo moderne e più efficienti sotto il profilo dei costi e tenendo in considerazione gli ultimi dati scientifici per garantire l’ecosostenibilità a lungo termine delle attività di pesca e acquacoltura.
A fianco di questi principi l’Ue intende rafforzare l’esercizio delle competenze da parte dello Stato di approdo intese a prevenire, scoraggiare ed eliminare la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata.
Fin qui nulla di innovativo, ma è scendendo nelle specifiche di questi princìpi generali che si evidenziano le reali intenzioni dell’UE: la massimalizzazione dei controlli.
Innanzitutto la nave che materialmente compie le operazioni di pesca con gli attrezzi al fine dello sfruttamento commerciale delle risorse biologiche viene indicata ora con il termine di “nave da cattura”, rientrando sempre nell’alveo dei “pescherecci” ove però sono comprese anche navi che compiono attività sussidiarie alla pesca.
Restando invariato l’obbligo per gli Stati membri di utilizzare i sistemi di controllo dei pescherecci (vessel monitoring system – VMS) per monitorare efficacemente la posizione e i movimenti dei pescherecci battenti la loro bandiera, ovunque si trovino, con i rispettivi Centri di Controllo nazionali che devono garantire l’operatività 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, nonché, per i pescherecci, l’obbligo di tenere sempre in funzione l’AIS (Automatic Identification System) laddove prescritto, l’attenzione viene spostata quindi alla fase dello sbarco dove, al fine raccogliere dati attendibili ed esaurienti sulle catture, viene richiesto che la registrazione delle catture al momento dello sbarco stesso debba essere effettuata nel modo più affidabile possibile.
A tale scopo viene indicata la necessità di rafforzare le procedure di pesatura dei prodotti della pesca allo sbarco con la puntualizzazione, in verità in maniera poco chiara, che ciò debba avvenire senza creare oneri sproporzionati per gli operatori. In particolare, tutti i prodotti dovrebbero essere pesati, per specie, al momento dello sbarco, in modo da garantire la corretta dichiarazione delle catture. I registri di pesatura, inoltre, dovrebbero essere conservati per un periodo di tre anni.
Pertanto, in tale contesto, sempre per garantire l’efficacia del regime di controllo della pesca, in particolare per quanto riguarda il monitoraggio del rispetto dell’obbligo di sbarco, l’UE ritiene necessario dotare certe navi da cattura, sulla base di una valutazione del rischio, di sistemi di monitoraggio elettronico a distanza REM (Remote Electronic Monitoring) a bordo con l’inclusione delle telecamere a circuito chiuso CCTV (Closed Circuit Television).
Come recita il dispositivo, i dati ricavati dalle CCTV non dovrebbero essere trasmessi in diretta streaming e al fine di tutelare il diritto alla vita privata e alla protezione dei dati personali, la registrazione di materiale video mediante sistemi CCTV dovrebbe essere consentita solo in relazione agli attrezzi e alle parti delle navi in cui i prodotti della pesca vengono salpati a bordo, trattati e immagazzinati o nei casi in cui possono verificarsi rigetti. L’attività di registrazione dovrebbe essere limitata alle situazioni in cui gli attrezzi sono utilizzati attivamente, come la cala o il recupero o il ritiro dell’attrezzo dall’acqua, e in cui le catture sono imbarcate e trattate dall’equipaggio o possono verificarsi rigetti. La possibilità di identificare singole persone nel materiale video registrato deve essere limitata per quanto possibile e, ove necessario, i dati devono essere resi anonimi.
Per garantire chiarezza e coerenza, viene precisato infine che sarebbe opportuno stabilire norme in materia di accesso delle autorità competenti ai dati ricavati da tali sistemi REM. I filmati dei sistemi CCTV devono essere messi a disposizione delle autorità preposte esclusivamente ai fini del controllo e dell’ispezione.
Si è di fronte, quindi, ad un vero e proprio affondo tecnologico, col rischio di risultare per certi aspetti invasivo, nei confronti dell’esercizio dell’attività di pesca che nelle comunità italiane di pescatori viene diffusamente percepito in maniera persecutoria o quantomeno provocatoria.
Tale atteggiamento della UE era comunque nell’aria tenuto conto che la stessa UE ha sempre più interconnesso le “sfide” sulla pesca con quelle sull’ambiente, con un’evidente pendere dell’ago della bilancia a favore di quest’ultima in ossequio alle specifiche raccomandazioni della GFCM (General Fisheries Commission for the Mediterranean) intese a ridurre al minimo l’impatto della pesca sull’ambiente marino nel suo complesso, e che di recente si avvale dell’affiancamento di esperti di diverse organizzazioni (WWF, Oceana, ecc.) al fine di approfondire le questioni climatiche e ambientali nel settore della pesca e dell’acquacoltura.
Inoltre, già da qualche tempo il WWF aveva esercitato pressioni direttamente presso la Commissione Europea sull’utilizzo del REM, ritenendo che tale monitoraggio elettronico a distanza, con l’utilizzo proprio di una combinazione di telecamere e sensori di bordo, risulterebbe un modo di gran lunga più efficiente ed economico rispetto ai controlli con barche di sorveglianza, osservatori a bordo e i controlli in banchina.
Ciò che si può dedurre dall’esame integrale della norma, in definitiva, è una nuova concezione dei pescherecci da parte delle Istituzioni Europee: navi da “cattura” sorvegliate con sistema satellitare VMS 24 ore su 24 e 7 giorni su 7 e sottoposte a monitoraggio elettronico a distanza con tecnologia REM.
La bussola. La nuova concezione UE dei pescherecci