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La bussola. I confini marittimi internazionali per la pesca italiana nel Mediterraneo

Approfondimento di Federico Camilleri

Federico Camilleri by Federico Camilleri
3 Marzo 2023
in In evidenza, La bussola, News, Pesca
La bussola. I confini marittimi internazionali per la pesca italiana nel Mediterraneo

La bussola. I confini marittimi internazionali per la pesca italiana nel Mediterraneo

La bussola. I confini marittimi internazionali per la pesca italiana nel Mediterraneo – I recenti avvenimenti relativi al tentativo di sequestro, o comunque di un’azione ostile, da parte di unità navali armate libiche nei confronti di alcuni pescherecci d’altura siciliani indicano come il problema del libero sfruttamento delle risorse ittiche nel Mediterraneo sia ancora attuale. In questo caso ha avuto fortunatamente successo l’intervento “dissuasivo” da parte dell’unità navale militare italiana legittimamente intervenuta a difesa dei pescherecci nazionali sul mare “libero”.

Ma cos’è il mare libero? È quella zona di mare che si estende al di fuori delle acque territoriali degli Stati rivieraschi, denominata “alto mare” (meglio conosciuta come “acque internazionali”), nella quale la Convenzione Internazionale sul “Diritto del Mare”, la cosiddetta “Montego Bay”, in vigore dal 1994, ha sancito il diritto di esercizio per tutti gli Stati delle forme di libertà individuate dalla stessa Convenzione, fra le quali ricordiamo, per il caso che ci interessa, quelle di navigazione e di pesca. Ma al di là di questi diritti, il modus operandi attuativo di questa Convenzione è ispirato al principio della cooperazione fra gli Stati, nel senso della condivisione delle regole ed il comune superamento, tramite specifici accordi bilaterali o multilaterali, di eventuali situazioni controverse.

L’Unione Europea ha istituzionalmente aderito alla Convenzione, al di là della ratifica dei singoli Stati, tenuto conto che la stessa Convenzione riconosce uguali diritti anche agli Stati che non si affacciano direttamente sul mare. Inoltre, nell’ambito della Politica Comune della Pesca (PCP), ampiamente richiamata nelle precedenti occasioni, troviamo il termine di “acque unionali” intendendosi per esse quelle poste sotto la sovranità o giurisdizione degli Stati membri. Quindi non spetta all’UE ma agli Stati membri esercitare la loro giurisdizione ai sensi della suddetta Convenzione e da ciò ne deriva che non è corretto utilizzare il termine di acque di giurisdizione dell’UE.

Fatta questa precisazione occorre aggiungere tuttavia che le norme sulla PCP sono applicabili, per espressa previsione, nei confronti dei pescherecci battenti bandiera di uno Stato della UE anche quando operano al di fuori delle acque unionali. Pertanto spetta agli Stati di bandiera dei pescherecci d’altura vigilare affinché essi rispettino le norme dettate dalla PCP in virtù dell’obbligo, contenuto nella Convenzione, dell’esercizio della propria giurisdizione e del proprio controllo sulle proprie navi nazionali operanti nell’alto mare. Ovviamente i principi generali dettati dalla Convenzione qui sono coniugati con gli aspetti che riguardano l’esercizio della pesca marittima ma per comprendere meglio la questione che si sta trattando è opportuno richiamare anche altri due principi fondamentali contenuti nella Convenzione. Trattasi dell’uso esclusivo per fini pacifici dell’alto mare e dell’illegittimità della pretesa di assoggettamento alla propria sovranità di una parte dell’alto mare.

Purtroppo, anche se viviamo in un’epoca moderna post-bellica, tali principi non sono scontati, nemmeno nel nostro Mar Mediterraneo, e nelle aree marittime prospicienti Stati che versano in condizioni di forte instabilità politica si verificano ancora adesso episodi tragici. Ma la Convenzione è intervenuta a disciplinare anche un’altra forma di sfruttamento del mare che dovrebbe assorbire, in tutto o in parte, quella dell’alto mare: la Zona Economica Esclusiva (ZEE). Trattasi di una fascia di mare che si estende per 200 miglia dalle coste, comprendente le acque territoriali dello Stato rivierasco.

Sulla ZEE, in particolare, lo Stato rivierasco acquisisce, fra gli altri, il diritto “sovrano” allo sfruttamento, comunque associato alla conservazione e gestione, delle risorse biologiche che si trovano sul fondo del mare e sulle sue acque sovrastanti. È evidente l’enorme portata di tale diritto che la Convenzione si affretta però a vincolare alla condizione che non si creino intralci ai diritti (ed ai doveri) degli altri Stati soprattutto di quelli frontisti. Da rilevare, inoltre, che la Convenzione, da un lato, ammette che la ZEE venga istituita con atto unilaterale da parte di uno Stato rivierasco ma impone altresì che la sua delimitazione avvenga con atti bilaterali cioè tramite accordi con gli Stati che potrebbero essere direttamente coinvolti.

Rispetto agli Stati che si affacciano negli Oceani e che hanno, quindi, rapidamente istituito le loro ZEE, nel Mediterraneo le cose sono ovviamente molto più complicate a causa della sua ristrettezza ed ancora, a distanza di anni, ci troviamo in una fase di concertazione o di assestamenti provvisori. A metà dell’anno 2021, pressocché in sordina, anche il nostro Governo ha rotto gli indugi proclamando la nostra ZEE con la legge n.91, dando così ufficialmente il via alle concertazioni con gli altri Stati per la sua delimitazione. Il percorso comunque si prevede lungo e tortuoso e non sembra che ci siano già le condizioni per una definitiva delimitazione complessiva della ZEE italiana per cui non è da escludere che si giungerà all’ istituzione delle suddette zone progressivamente su singoli mari (ad esempio nel Tirreno e nell’Adriatico).

A tenere banco sono soprattutto i rapporti con gli Stati frontisti sulla sponda africana del Mediterraneo che si affacciano nelle aree marittime di forte interesse delle marinerie nazionali: Algeria, Tunisia e Libia. Da ricordare che questi tre Stati, sia pur in misura e con atteggiamenti diversi, forti della loro posizione privilegiata in materia di consistenza delle risorse ittiche, hanno sempre costretto i nostri Governi a scendere a patti con loro, con la concessione di vantaggi economico/commerciali, al fine di consentire “pacificamente” ai pescherecci d’altura nazionali di avere accesso alle suddette risorse in prossimità delle loro acque.

In dettaglio, in materia delle ZEE, dalla documentazione ufficiale ONU si rileva che l’Algeria nel 2018 ha emanato un decreto presidenziale con il quale ha istituito una propria ZEE che praticamente lambisce per ben 70 miglia le acque territoriali italiane a sud-ovest della Sardegna. Pertanto, con questa mossa anticipata, il comitato bilaterale italo-algerino istituito per definire, in virtù della volontà manifestata dall’Italia di istituire una propria ZEE, le rispettive aree marittime di interesse esclusivo avrà come conseguenza una “trattativa” rivolta necessariamente ad un eventuale ridimensionamento di quella già proclamata dall’Algeria.

Per quanto riguarda la Tunisia, nel 2005 ha notificato all’ONU, l’istituzione della propria ZEE continuando a prevedere il mantenimento della zona storicamente nota come “Mammellone”, nata negli anni ‘70 quale zona esclusiva di pesca riservata alle proprie unità, la quale tornerà sicuramente di nuovo oggetto di trattativa in sede di definizione congiunta dei limiti delle ZEE italiana e tunisina.

Infine, la Libia ha notificato all’ONU, anch’essa nel 2005, l’istituzione della Zona di Protezione della Pesca (ZPP) libica, per ben 62 miglia oltre le proprie acque territoriali, con divieto di pesca senza l’autorizzazione di quello Stato. Successivamente nel 2009 la Libia ha dichiarato di volere istituire una propria ZEE da “concordare” con i Paesi vicini. Non è da escludere che la suddetta ZPP costituirà un punto di forza negoziale per la Libia nei confronti del nostro Paese ammesso che effettivamente si giungerà a tale volontà bilaterale.

Lo scenario geopolitico appena descritto va completato con un’altra considerazione: i suddetti Paesi africani non posseggono, al momento, i mezzi, in termini di imbarcazioni e di tecnologie, per un effettivo sfruttamento delle risorse ittiche nelle ampie aree marittime che possono essere ricomprese nella propria ZEE e pertanto l’interesse è del tutto opportunistico e rivolto ad imbrigliare le libertà di sfruttamento da parte dei Paesi europei e dell’Italia in particolare. A questo proposito La Convenzione prevede la fissazione di quote di pesca nelle ZEE da parte dello Stato costiero con eventuale “concessione” ad altri Stati delle quote eccedenti rispetto a quelle di cui il suddetto Stato costiero ne abbia la capacità di sfruttamento. Non c’è dubbio quindi che le strategie di “pressione” sulle nostre unità da pesca da parte dei governi dei suddetti Paesi africani proseguiranno anche nel corso delle eventuali trattative bilaterali e non vedendo, al momento, spiragli per consentire ai nostri pescherecci di operare con più tranquillità in alto mare.

Resta pertanto fondamentale il supporto della Marina Militare Italiana che fin dalla nascita delle controversie sul “Mammellone” si è adoperata per assistere le nostre unità da pesca le quali, pur operando al di fuori di tale zona, subivano spesso atti di intimidazione o addirittura di sequestro da parte delle Autorità Tunisine. Adesso l’attenzione della nostra Marina Militare si è spostata anche nella ZPP libica, di cui si è accennato in precedenza e tuttora non riconosciuta, a causa della recrudescenza degli interventi per nulla pacifici da parte di imbarcazioni armate libiche. Attesa la vastità di questa ZPP, il semplice pattugliamento navale non risulterebbe efficace da solo e pertanto ad esso è stata affiancata un’attività di Intelligence atta ad intercettare movimenti sospetti di unità libiche.

Insomma, la partita per la definizione della nostra ZEE è molto combattuta ed occorre tenere sempre alta l’attenzione incrementando gli sforzi, soprattutto diplomatici, affinché il superamento dell’alto mare con l’istituzione delle ZEE, animato dallo spirito di un miglioramento generale dei propri diritti di sfruttamento, non si trasformi invece nell’ennesima evenienza negativa per l’economia ittica italiana.

La bussola. I confini marittimi internazionali per la pesca italiana nel Mediterraneo
Leggi anche: La bussola. Rapporti tra AMP e pesca professionale nel contesto della politica ambientale europea

Tags: confini marittimi internazionali pescaconfini pesca MediterraneoMammelloneZona di Protezione della PescaZona Economica Esclusiva pesca
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