Adriatico, un progetto sul corallo bambù. I paesi che si affacciano sull’Adriatico sperano in una ripresa della biodiversità marina e in benefici per i pescatori attraverso catture più abbondanti e preziose. Un obiettivo che può essere raggiunto attraverso l’istituzione di FRA, ovvero aree di pesca in cui alcune attività specifiche sono vietate o limitate al fine di migliorare la conservazione degli stock, habitat ed ecosistemi. L’idea è di realizzarne una nel canyon di Bari e un’altra nell’Adriatico meridionale, che prevede l’avvio, il prossimo anno, di un progetto pilota specifico sul corallo bambù, una specie vulnerabile presente sui fondali del mar Mediterraneo. I vantaggi di creare delle nuove FRA traggono spunto dall’esempio della area di pesca della fossa di Jabuka/Pomo, la prima istituita con un piano di monitoraggio scientifico. I suoi risultati preliminari sono stati apprezzati sia dalla comunità scientifica che dai pescatori, come spiega Antonio Sunjic: “Prima della chiusura della fossa di Jabuka/Pomo, la situazione era critica. Le catture di scampo erano diminuite e il nasello europeo era quasi completamente scomparso. Dopo la chiusura, la pesca nelle acque territoriali intorno all’isola ha rivelato un visibile aumento delle catture”.
“Adriatico, un progetto sul corallo bambù” rientra tra i temi dedicati allo sfruttamento sostenibile degli stock demersali e di piccoli pelagici, uno degli argomenti affrontati durante la sessione annuale della Commissione generale per la pesca nel Mediterraneo (CGPM) dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), alla presenza di altri osservatori come come l’Unione mondiale per la Conservazione della Natura (UICN), Oceana e WWF. Per l’occasione i membri della CGPM hanno adottato un totale di 21 raccomandazioni vincolanti e 14 risoluzioni per la conservazione e l’uso sostenibile delle risorse marine nel Mediterraneo e nel mar Nero, che spaziano da misure di gestione per la pesca sostenibile con reti da traino, alla definizione di una taglia minima di riferimento per la conservazione degli stock prioritari, la mitigazione degli impatti della pesca sulle specie vulnerabili e la richiesta di segnalazione delle specie non indigene in acquacoltura.
“Durante questa sessione, non solo abbiamo esaminato e adottato un numero di decisioni mai raggiunto prima, ma abbiamo anche assistito ad un incredibile aumento dei contributi di tutti i paesi e abbiamo avuto discussioni più ricche e profonde che mai – ha dichiarato Roland Kristo, vice ministro dell’Agricoltura e dello Sviluppo rurale del’Albania e Presidente della CGPM – Abbiamo dimostrato che la cooperazione e l’azione concertata sono la chiave del successo e che la CGPM si pone come un motore d’integrazione che sostiene una visione comune per la pesca e l’acquacoltura sostenibili nella regione”.